2011
Il moderno attraverso Roma: La Garbatella – Guida all’architettura moderna
Tra natura e artificio – Il rapporto con il paesaggio.
Il progetto urbano della borgata giardino “Garbatella” costituisce u’interpretazione autoctona della “Garden City”. Nel primo nucleo, sorto intorno alla piazza Benedetto Brin, gli edifici furono collocati all’interno del verde, organizzato parcellizzando lo spazio in modo che ad ogni appartamento corrispondesse un giardino privato. Successivamente, nei lotti con le case rapide, il giardino acquisì un ruolo pubblico e divenne il luogo d’incontro della collettività. Nel primo caso il paesaggio appare costituito da strade strette su cui affacciano i piccoli giardini, il traffico carrabile e pedonale avvengono nella stessa sede. Il paesaggio risultante è più rurale che urbano, con i fronti edilizi arretrati rispetto alla strada, da questa separati tramite uno spazio recintato contenente aiuole ed alberi. Nel secondo caso il paesaggio è costituito da un unico grande giardino esplorabile lungo i percorsi pedonali di attraversamento dei lotti e il traffico carrabile è tenuto sulle strade di bordo. (…) Nei lotti le costruzioni, alte pochi piani, sono adagiate su tre colline, che dal percorso di crinale di via delle Sette Chiese digradano verso il fondo valle, fino alla via Ostiense e alla circonvallazione omonima. Gli edifici vennero posizionati in alto, lontani dall’Almone, dal Tevere e da altri corsi d’acqua, seguendo criteri di igiene. Il paesaggio agricolo fu reintegrato mediante la creazione di giardini nei quali, con l’uso di muri di contenimento in tufo, i forti dislivelli vennero articolati in terrazze di varie ampiezze che ospitavano aiuole, vialetti, scalinate, piazzole con panchine e stenditoi. Le pavimentazioni erano e rimangono povere, spesso costituite da piastre in calcestruzzo. In altri casi il terreno dei cortili era ricoperto di ghiaia. Le aiuole sono spesso delimitate da mattoni posti di taglio e blocchi di tufo irregolari, le cosiddette “roccette”. Lastre di calcestruzzo o di travertino furono utilizzate per i gradini delle scalinate. Il ferro venne ampliamente utilizzato per realizzare parapetti e cancellate, con l’obiettivo di mantenere la continuità visiva di cortili e giardini. Questo doveva essere particolarmente evidente all’interno del complesso dei Postelegrafonici in viale Massaia ma quasi tutti gli elementi in ferro battuto furono smantellati durante la seconda guerra mondiale per farne armi e sostituiti con pesanti murature. Nel caso di alcuni edifici ad alta densità, i salti di quota risultanti dall’attività edificatoria furono superati adeguando l’edificio al terreno, creando prospetti di altezze diverse ed utilizzando muri e scalinate posti all’interno dei cortili. Ad esempio l’edificio di Nicolosi, con l’ingresso principale in piazza Nicola Longobardi, è strutturato plani metricamente su un percorso che , tramite una scala a due rampe, guida il fruitore dal cortiletto d’ingresso attraverso un passaggio fino al livello inferiore. (…) La necessità di articolare edifici di dimensioni notevoli perseguendo una continuità urbana che produce l’espansione della percezione visiva, porta a moltiplicare i punti di vista prospettici fino a creare nuovi paesaggi artificiali che si confrontano con quello naturale. E’ il caso degli “alberghi suburbani “ di Innocenzo Sabbatini, siti alla confluenza di viale Guglielmo Massaia con la circonvallazione Ostiense (sul corso dell’Almone). …
con Antonella Bonavita e Maria Paola Pagliari
2011, Palombi Editore
L’Osservatorio sul moderno a Roma è diretto fino al 2012 da Gaia Remiddi e Antonella Greco. Dal 2012 è sezione del laboratorio Architettura e Contesti diretto da Orazio Carpenzano. Il coordinamento dell’Osservatorio è composto da Francesco Foppoli, Antonella Bonavita, Angela Raffaella Bruni, Valeria Canfarini, Patrizia Capolino, Maria Teresa Cutrì, Valentina Donà, Paola Ferri, Piero Fumo, Enzo Gallo, Maria Clara Ghia, Valeria Lupo, Gabriella Marucci, Maria Paola Pagliari, Luigina Romaniello. Afferiscono all’Osservatorio specialisti in discipline diverse (storici, tecnologi, esperti di restauro, geologi, soprintendenti…) chiamati a collaborare caso per caso. I componenti delle ricerche sono dottorandi o dottori di ricerca in Composizione architettonica / Teorie dell’architettura e in Storia della città.